Intervento Mastoplastica Additiva: si può allattare dopo l'operazione?

Intervento Mastoplastica Additiva: si può allattare dopo l'operazione?

La chirurgia estetica più richiesta ad oggi è sicuramente la mastoplastica additiva. Un seno non necessariamente grande, ma ben posizionato e sodo è il sogno di qualsiasi donna. O quasi. Spesso però assieme alla volontà di dare maggiore volume al proprio seno, nascono mille paure. La più diffusa è quella di non poter più godere appieno della maternità. In particolare si teme di non poter allattare dopo un intervento di mastoplastica additiva.

Mastoplastica additiva e allattamento: un cenno alla anatomia.

Per capire come avviene l’allattamento ed intendere se si può allattare dopo la mastoplastica additiva, è necessario avere chiara almeno una anatomia grossolana del seno. Le componenti a tutto spessore del del seno sono:

  • La pelle, che rappresenta l’involucro che continene il contenuto del seno.
  • La ghiandola mammaria, molto variabile nel tempo. Più florida nell’età fertile, si ipertrofizza durante la gravidanza ed allattamento. Dopo la menopausa si atrofizza.
  • Il tessuto adiposo, anche questo più o meno rappresentato a seconda della componente adiposa individuale e dell’età (tende ad aumentare dopo la menopausa).
  • La ghiandola, frammista con tessuto adiposo, poggia sul muscolo grande pettorale.
  • Il muscolo a sua volta è disteso sulle coste che formano la gabbia toracica.

Le parti deputate all’allattamento hanno a che fare principalmente col tessuto ghiandolare e quella parte di tessuto cutaneo specializzata che è il capezzolo.

  • Il latte è prodotto negli alveoli presenti a migliaia nelle ghiandole mammarie.
  • Attraverso i dotti galattofori arriva al capezzolo.
  • Da qui al neonato durante la suzione tramite dei pori presenti appunto capezzolo.

Intervento di mastoplastica additiva in breve.

La prima cosa che vorrei chiarire è che durante l’intervento di mastoplastica additiva quello che si va a modificare è il volume del seno e la sua composizione (adesso anche la protesi ne fa parte). Le sue componenti anatomiche sopra menzionate non vengono invece alterate.

La protesi può essere posizionata nei seguenti modi:

  • dietro la ghiandola mammaria. Allora parliamo della tecnica retroghiandolare.
  • Dietro al muscolo pettorale. Detta anche tecnica sottomuscolare o, più precisamente, sottopettorale.
  • Una variante della sottopettorale è la tecnica dual plane, dove la protesi è posizionata in parte sotto il muscolo (maggiormente) ed in parte sotto la ghiandola. Per maggiori informazioni su questa tecnica puo leggere: “Mastoplastica additiva, la tecnica Dual Plane per rimodellare il seno”.

Nell’inserirla si passa attraverso una piccola incisione che può essere:

  • nel solco inframammario,
  • nel cavo ascellare,
  • attraverso il bordo dell’areola.

Mastoplastica additiva, si può allattare dopo l’intervento?

Per dare una risposta completa a questa domanda, visto che esistono tre diversi approcci chirurgici e posizionamenti della protesi, analizzerei caso per caso. Considerando sia il potenziale danno alla ghiandola mammaria che alla sua innervazione.

L’accesso chirurgico può compromettere la ghiandola mammaria?

Inizio allora dalle incisioni poichè è attraverso quelle che viene effettuato l’intervento di mastoplastica additiva. Ed è quindi anche attraverso di esse che potremmo, eventualmente, recare un potenziale danno alle strutture deputate all’allattamento.

  1. Incisione nel solco inframammario. Siamo distanti sia dalla ghiandola che dai dotti galattofori. Impossibile quindi arrecare un danno diretto a queste strutture. A meno di errori tecnici molto grossolani, ovviamente.
  2. Approccio ascellare. Anche in questo caso non si intaccano le strutture di cui sopra essendo molto lontani da esse. Vale lo stesso discorso per l’errore tecnico.
  3. Incisione periareolare inferiore. In questo caso la vicinanza con la ghiandola è maggiore. Tuttavia si può procedere tranquillamente senza intaccare i dotti galattofori. Durante la dissezione, per raggiungere il piano in cui verrà collocata la protesi, il chirurgo tende a mantenersi abbastanza superficialmente sacrificando solo una minima parte del tessuto ghiandolare. O per nulla, se la dissezione avvenisse nel piano puramente sottocutaneo. Pertanto la gran parte del tessuto ghiandolare è lasciata intatta e con essa anche i dotti galattofori. Quindi l’allattamento può teoricamente avvenire. Direi però che tra i tre approcci questo è forse quello che potrebbe arrecare un qualche rischio in più, benchè minimo.

Ghiandola mammaria e alloggiamento della protesi

Non sembra invece esserci alcuna differenza sostanziale se consideriamo il posizionamento della protesi. In ogni caso la protesi starà sempre e completamente sotto la ghiandola mammaria, la quale non viene direttamente danneggiata nella sua anatomia.

Tuttavia, nel caso di protesi grandi e sottoghiandolari, si potrebbe però pensare ad una maggiore pressione diretta sulla ghiandola mammaria. Ed una eventuale maggiore atrofia da compressione nel tempo. In altre parole, una leggera riduzione volumetrica del tessuto ghiandolare nel tempo. Come sostenuto da alcuni studi.

Anche se, con riferimento all’allattamento, non pare emergere come fare alcuna differenza se la protesi stia sopra o sotto il muscolo.

L’innervazione del seno

Un altro aspetto che viene sempre preso in considerazione dagli studi fatti su questo tema è il potenziale danno all’innervazione della ghiandola e del complesso areola-capezzolo, fondamentale parte coinvolta nella suzione del neonato. L’appena citato riflesso di suzione è infatti un fondamentale stimolo per la produzione di latte materno. E si basa ovviamente su un’intatta rete neuronale.

Un eventuale danno all’innervazione potrebbe essere dato da:

  • accesso chirurgico. Dei tre sopra menzionati, dagli studi disponibili, quello che più sembra alterare la sensibilità del complesso è sicuramente l’approccio periareolare, anche se non in modo eclatante. E’ una differenza modesta che però deve essere tenuta presente ed il paziente esserne a conoscenza prima dell’intervento.
  • Posizionamento della protesi. In teoria una tasca sottomuscolare dovrebbe offrire più protezione separando la protesi dalla ghiandola. E quindi interferire meno sui nervi che si distribuiscono nella ghiandola mammaria. Non ci sono comunque studi che supportino in modo significativo questo aspetto.
  • Volume della protesi, altra questione che dovrebbe essere considerata. Una protesi con volume importante va necessariamente ( e molto intuitivamente) a creare più stress a tutto ciò che la circonda:
    • pelle (più stiramento),
    • ghiandola (maggiore atrofia nel tempo da compressione)
    • nervi (più grande è la tasca più accresce la possibilità di toccare o lesionare i nervi distribuiti nel seno)

Pertanto, teoricamente, più la protesi è grande e più chances avrebbe di ostacolare l’allattamento, agendo direttamente sulla ghiandola o sui nervi che vanno alla ghiandola e capezzolo. Ricordo però che le differenze non sono comunque di grossa portata, se si guardano gli studi a disposizione.

Considerazioni finali sull’allattamento post intervento di mastoplastica additiva

  • L’allattamento è la prima modalità nutrizionale per l’essere umano stabilita dalla natura. Pertanto decisamente il meglio che un neonato possa avere.
  • Ha una grossa importanza anche nello sviluppare un sistema immunitario più solido da subito.
  • E’ normale quindi che una donna che si appresta a sottoporsi all’intervento di mastoplastica additiva possa avere dei dubbi a riguardo.
  • Se si intendesse avere figli dopo un intervento di mastoplastica additiva, i miei consigli sarebbero i seguenti:
    • Valutare l’uso di protesi non eccessive come volume. Una o due taglie al massimo, a seconda della anatomia di partenza. (Da valutare col chirurgo, ovviamente)
    • Preferire un accesso dal solco inframammario o transascellare. L’accesso periareolare ha una qualche possibilità in più di creare problemi, dal punto di vista del coinvolgimento sia della ghiandola che dei nervi.
    • Per ridurre ulteriormente ogni possibile interazione tra ghiandola mammaria e la protesi, considererei di più un alloggiamento sottomuscolare.

Concludo dicendo che l’allattamento può sicuramente coesistere con una protesi mammaria. I consigli appena dati sono per ottimizzare al massimo questo aspetto nelle donne che intendono poi avere dei figli.

Spero quindi di aver fatto un poco di chiarezza sulla spesso discussa questione. Infatti il non poter allattare dopo una mastoplastica additiva è comunemente incluso tra le varie “leggende metropolitane” che accompagnano questo intervento. Se magari volessi dei chiarimenti anche riguardo ad altre “finte” informazioni sul tema, ti proporrei di leggere: “Le protesi al seno possono scoppiare in aereo? I 5 miti da sfatare”.

Se poi, oltre ai suggerimenti sul fatto che si possa allattare o meno dopo un intervento di mastoplastica additiva, volessi approfondire i concetti su come e quando migliorare il tuo seno, contattami, sarei certamente lieto di aiutarti.

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