
Non c’è alcun dubbio che il poter allattare dopo una chirurgia estetica al seno sia una delle preoccupazioni che più emergono tra le donne che desiderano apportare delle migliorie estetiche alle mammelle.
Tra queste chirurgie c’è anche quella deputata a ridare una forma ad un seno svuotato e disceso: la mastopessi. E’ dell’allattamento dopo questo intervento che mi occuperò in questo articolo.
Prima ancora di affrontare il tema centrale, penso sia doveroso cercare di capire come avviene il processo di allattamento. Indipendentemente dalla mastopessi.
Eccoti allora dei cenni anatomici necessari.
Le componenti anatomiche deputate al meccanismo dell’allattamento sono due diverse strutture:
Per quel che concerne la ghiandola mammaria c’è da dire che:
Alla base di questo meccanismo ci deve essere una valida e funzionante rete nervosa che dia il là alla produzione di latte e della sua secrezione, una volta stimolata.
Il via a tutto il processo è dato dalla fondamentale suzione del neonato al capezzolo. Questo attiva l’ipofisi (ghiandola situata nel cranio) che secerne l’ormone prolattina. La quale, a sua volta, rappresenta lo stimolo per la produzione di latte materno da parte degli alveoli (riflesso prolattinico). Dall’ipofisi viene anche prodotta l’ossitocina che è alla base della secrezione del latte verso il capezzolo ed al neonato (riflesso ossitocinico). Tutto questo può avvenire solamente con un’intatta rete nervosa.
Stabilito quanto sopra, per capire se è possibile l’allattamento dopo un intervento di mastopessi, è necessario vedere quanto questa chirurgia possa minacciare il meccanismo sopra menzionato.
Per prima cosa penso sia doveroso fare un qualche richiamo a quello che è l’intervento del seno chiamato mastopessi.
Nella comprensione di come la chirurgia in questione possa inficiare l’allattamento, tratterei separatamente la chirurgia fatta con l’ausilio di impianti mammari da quella senza.
Dobbiamo qui considerare sia l’inserimento della protesi che la tecnica specifica usata nel risollevare il seno.
In generale direi quindi che qualche rischio c’è ma è contenuto. Se si opera in modo conservativo e rispettoso delle strutture anatomiche menzionate.
Il discorso cambia un poco se non si usano le protesi.
Infatti in questo caso non è sufficiente rimuovere la pelle per rialzare il seno. Scenderebbe di nuovo abbastanza rapidamente.
Si usano fare delle ridistribuzioni chirurgiche del tessuto mammario in modo che questo venga fissato più in alto, sul muscolo grande pettorale.
Esistono varie tecniche a riguardo. Alcune più aggressive che altre. Con aggressività mi riferisco a quanto il tessuto ghiandolare venga toccato e modificato . E soprattutto quanta porzione di esso venga separato dalle sue connessioni al capezzolo. Penso ad esempio a una delle tecniche preconizzate da un noto chirurgo brasiliano chiamato Lyacir Ribeiro. Tecnica più conosciuta in Italia col nome di mastopessi con autoprotesi. Essa è abbastanza aggressiva ma molto efficace. Ma, a seconda delle situazioni, è necessario esserlo se il fine è quello di ottenere un risultato più duraturo.
E quindi è veramente difficile darti anche una probabilità approssimativa in questo articolo. E’ un qualche cosa da valutare caso per caso, a seconda delle priorità del paziente. Se è più importante poter allattare dopo (tecniche meno aggressive) oppure avere un risultato più duraturo.
In generale comunque, anche con le tecniche più traumatiche per il tessuto mammario, non sono perse tutte le speranze. Anche se, in quei casi, bisogna mettere in preventivo che il non poter allattare dopo possa essere una possibilità più concreta.
Allattare dopo una mastopessi è una esigenza di molte donne.
E’ importante un dialogo aperto col chirurgo. Non tutte le tecniche di mastopessi sono equivalenti. Avere ben chiare le proprie priorità è quindi di primaria importanza nel prepararsi alla visita preliminare.
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